Palma dell'Isola Felice

Pubblicato il 7 novembre 2025 alle ore 10:00

"Esiste un luogo lontano da qui, avvolto dalle onde dell'oceano e chiamato Isola Felice.

Io sono Palma, di nome e di fatto, e sono nata proprio su quell'isola.

Di qual luogo ho conservato dentro di me tanti ricordi  che non spariscono nemmeno ora che non vivo più là.

Sono cresciuta sul fianco di una collina circondata da altre palme come me. Durante il giorno spesso il vento veniva a farci visita ed era bello farsi spettinare le chiome che, muovendosi sotto il suo soffio, le faceva danzare tutte insieme.
A volte, però, quando saliva dal mare, non sembrava così di buon umore e nemmeno scherzoso.
Arrivava fischiando e gemendo. Faceva proprio paura.
Il suo soffio diventava sempre più spaventoso mentre iniziava a sollevare tutto quello che incontrava sulla sua strada, scaraventandolo sulla terra e nel mare.
Sopra di noi il cielo cupo e gonfio di nuvole scure iniziava a far cadere tanta pioggia che batteva sulle nostre foglie per poi scivolare sul terreno.
Le chiome, muovendosi disordinatamente, sembrava potessero volare lontano da un momento all’altro. 

Ed era allora che noi palme ci stringevamo per non essere spazzate via. L’acqua del mare cambiava colore e si rovesciava con grandi onde sulla spiaggia.
Poi, quando sembrava che quello scompiglio non dovesse finire mai, la pioggia lentamente si calmava e la rabbia del vento spariva.
Nel cielo, fra i brandelli di nuvole scure, appariva il sole che, spostandole di lato con i suoi caldi raggi, ritornava a brillare.
Mentre le onde del mare, sfiorando la riva con una striscia di schiuma bianca, sparivano quasi subito fra i granelli di sabbia sottile.

Devi sapere mio piccolo lettore che sull’Isola Felice esiste da sempre anche un grande vulcano che osserva, come un vecchio saggio, tutto quello che accade attorno.
Qualche volta però anche lui faceva sentire la sua voce cupa e spaventosa. Dalla sua grande bocca, rivolta verso il cielo, iniziava a far uscire nuvole di fumo scuro che si arrotolavano su se stesse e iniziavano a salire velocemente.
Mentre lingue di lava incandescente, scivolando come serpenti lungo i suoi fianchi verso il mare, bruciavano e ricoprivano tutto ciò che incontravano sul loro cammino.
Con il tempo, però, sulla terra coperta di cenere scura tornavano a rinascere nuove piante e cespugli che facevano sbocciare fiori dai profumi intensi che si diffondevano ovunque nell’aria mescolandosi con l’odore della salsedine che arrivava dal mare.

Tutti i giorni mi facevano visita i miei amici a più o meno zampe. C’era la scimmietta Codalunga che arrivava saltando abbracciata al suo piccolo, Irò, un esserino dai grandi occhi scuri, le zampe esili e spelacchiate e una grande fame.
Spesso tutt’e due si sistemavano su uno dei miei rami, nascosti fra le larghe foglie, al riparo dai raggi del sole troppo caldi.
Certo, non era sempre facile tenere ferma quella piccola birba perché lui avrebbe preferito saltare e giocare tra i miei rami.
Stanco del tanto agitarsi, alla fine si accoccolava accanto alla sua mamma e schiacciava un sonnellino. Lei approfittava per ripulirlo fino a quando non si rialzava e con Irò riprendevano il loro cammino. Saltando da un ramo all’altro sparivano nella folta foresta..."

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